lunedì 19 marzo 2007

Ho voglia di una notte prima delle vacanze del cinema italiano.


Adesso qualcosa di spigoloso, anzi rischioso: il cinema italiano. Le ultime dicono che c’è il boom al botteghino del cinema italiano, cinque produzioni italiane nella top ten della settimana. Al primo posto “Ho voglia di te”. E giù col massacro: le solite melasse per adolescenti minchioni.
Troppo facile. Vero, ma scontato. Gli addetti ai lavori sono tutti lì a benedire i ragazzetti (e non solo) per le boccate d’ossigeno filigranato inalato dai botteghini.
Premettendo che questo genere cinematografico è per me più urticante di un cespuglio di ortiche nelle mutande, devo dire che, per evitare il fastidio, è sufficiente non andare a vedere questi film - cosa molto facile - ed entrare in apnea per tutto il periodo di campagna promozionale che li precede - cosa più difficile, ma possibile.
Il punto è che questo genere (polpettone dello sviluppo?) deve esserci, pur con tutti i suoi evitabili seguiti saprofiti, perché, cifre alla mano, c’è chi lo richiede. C’è chi ha voglia di buoni sentimenti. Di lucchetti emulati cui affidare sentimenti fotocopiati. C’è chi si sente raccontato - si, anche questo. C’è chi ha voglia di piangere e di ridere. Di svagarsi insomma.
I restanti si arrangino con quello che propone il cinema straniero, da oriente a occidente saltando, appunto, l’Italia. E si rassegnino, però, a vedersi rappresentare, nel mondo, dai soliti fasti del passato (Fellini, Pasolini e il Neorealismo ormai). Si, perché all’estero si produrranno sicuramente altrettanti night before exams, però si fa anche, e soprattutto, dell’altro. E non si tratta solo dell’America: basti leggere i nomi di registi sceneggiatori e attori. A noi ci pensa Morricone, bontà sua.
Ma tanto che ci frega? I pochi registi che, in Italia, provano a fare altro sono come operai cinesi: sgobbano per due lire nei sottoscala, senza prospettiva alcuna.
Ma si adeguino al genere, no? Dateci un’altra notte prima degli esami, che mi vado a vedere Von Trier.

venerdì 16 marzo 2007

Qualunquismo fancazzista


Ma, a noi comuni mortali, cosa ce ne frega dell’archivio segreto di Lele Mora e dei suoi vip falliti? E dei gusti sessuali dei politici? E dei traffici da lenone del satrapico savoiardo? E di Moggi che truccava le partite? E dei giornali che pubblicano le intercettazioni? E della privacy che è inderogabile diritto dei cittadini e nono solo dei politici?
L’importante è che grandi fratelli, isole e fattorie si facciano ancora. E noi lì a spiare culi, bicipiti e trombate. Le partite si perdano ancora vergognosamente. E noi – che la sappiamo lunga - a protestare contro il calcio truccato. I politici si corrompano ancora. E noi pronti a votarli, e scannarci.
Tutto ciò, credendo di lottare per far valere i nostri diritti.
Poi, un bel venerdì mattina di marzo, ti alzi sereno, te la prendi comoda tanto che fai pure colazione coi cereali. Sali sull’autobus e ti accorgi che è semivuoto – fortunatamente nei paraggi non c’è nessuno che puzza. Pare che, tutto sommato, possa essere una buona giornata. Sei quasi alla tua fermata: prenoti e ti piazzi davanti alla porta, quando una signora da dietro: “Che scende alla prossima?”.“Scusi signora ma sono cazzi miei. Lei sta violando la mia privacy.”

giovedì 15 marzo 2007

Cellule spente


Il Ministro della Pubblica Istruzione ha dettato la linea di indirizzo in merito all’utilizzo di cellulari e altri dispositivi elettronici a scuola: durante le lezioni, tutto spento. Pena il temporaneo sequestro.
Sono molti gli italiani che hanno frequentato le scuole quando i cellulari pesavano ottanta chili ed erano proprietà esclusiva di pochi alieni. In classe ci si distraeva con metodi più rudimentali. Per i più mansueti c’era la battaglia navale col compagno di banco, fingendo di prendere appunti. Per i creativi la scrittura, i disegnini, o la lettura dei fumetti, fingendo di prendere appunti. Quelli vivaci lanciavano palline di carta e saliva, con penne-cerbottane, tra le chiome delle ragazze. I più audaci miravano direttamente ai professori. I balordi, poi, facevano di tutto per sollevare l’ilarità della classe con battute di vario genere (a seconda che l’istituto fosse un liceo o un professionale, la pesantezza delle battute variava) e attività sovversive. Dopo un quarto d’ora erano fuori, o dal preside. I secchioni prendevano appunti.
Forse oggi, in classe, le cose sono un po’ diverse: i più mansueti giocano a battaglia navale col cellulare; i creativi mandano sms poetici alle ragazze; i più audaci sms sconci alle ragazze; i balordi fanno squillare il cellulare, che come suoneria fa delle scoregge; i secchioni prendono appunti.
Comunque sia, con o senza telefonini, c'è sempre – come sempre c’è stato – chi è dotato di una certa intelligenza e chi solo di cellule spente.

mercoledì 14 marzo 2007

Che palle


Bene. Giustizia è fatta. Sei turni a Burdisso e Maicon, tre a Cordoba e due Cruz. Quattro giornate a Marchena. Durerà sette mesi invece lo stop dello spagnolo Navarro per la castagna sul muso di Burdisso. Per entrambe le squadre una sonora multa da 155.000 euro: basterà che le dirigenze sospendano per due o tre giorni di stipendio ai loro uomini più pagati, e via. Giusto gli spicci.
Ma ciò che sta diventando debilitante sono i continui moniti dei giornalisti che, ad ogni episodio di violenza calcistica, immediatamente pontificano sul fair play e sull’esempio che i calciatori dovrebbero dare ai più giovani. E i calciatori, ogni volta, a fare pubblica ammenda, ogni volta con le stesse frasi.
Non mi frega nulla di quanto guadagnino, che auto guidino, o quale velina si spupazzino. Che il gioco continui pure fin dove può arrivare. Ma, a questo punto, li si accetti così come sono, i calciatori, senza pretendere che diventino modelli di rettitudine e correttezza.
Tanto ci sarà sempre una prossima volta in cui una palla rimbalzerà male. E, allora, altre palle inizieranno a girare.

martedì 13 marzo 2007

De Esternatione




Joseph Alois da Marktl am Inn, in arte Benedetto XVI, non passa giorno che non dica la sua sul matrimonio. Giustamente, chi può esprimere meglio giudizi in merito, se non chi appartiene alla casta dei celibi per vocazione? E allora niente eucaristia per i divorziati – ascoltino bene certi leader di partito – e, di nuovo, difendiamo la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna. Ma ciò che non si capisce bene è cosa possa minacciare la famiglia composta da uomo e donna, cattolicamente intesa. Un’unione regolamentata tra due uomini o tra due donne? Una convivenza eterosessuale fuori dal rito del matrimonio? Un’unione zoofila tra uomo e animale?
O forse la paura che, dando qualche diritto a chi decide di convivere (siano omo o etero), buona parte delle coppie – cattolici inclusi - preferirebbe questo tipo di unioni al matrimonio? E resta ancora oscura la minaccia al matrimonio. Se, effettivamente, i timori sono relativi all’introduzione di una possibilità diversa per chi vuol convivere, il problema sarebbe tutto interno alla chiesa cattolica: Sua Santità si preoccupi di minacciare i cattolici non convinti del matrimonio, piuttosto che imporre il matrimonio a chi cattolico non lo è e, per questa e tante altre ragioni, non lo vorrà mai essere. E abbia almeno il coraggio di parlare chiaro: se il Parlamento introduce Dico, Pacs, coppie di fatto o altro il Governo cade.